Si fa presto a dire didattica a distanza: senza internet 2,7 milioni di studenti

Fonte: Il Manifesto – 27 ottobre 2020

Una famiglia su 4 senza connessione, problemi in molti istituti Il 75% delle classi nelle superiori obbligate a fare lezioni online dal nuovo Dpcm. La scuola stritolata dai conflitti tra le regioni e il governo centrale, dal fallimento della riapertura, delle politiche sui trasporti e dei mancati tracciamenti del virus.

«Una scelta sofferta» quella della didattica a distanza ma alla quale il governo è stato costretto a ricorrere obbligatoriamente. Lo ha spiegato il presidente del Consiglio Conte parlando agli studenti dell’Istituto Tecnico di Polistena, in una video-conferenza in memoria di Willy Montero, Conte non è riuscito a piegare invece perché non è stato messo a punto un vero piano dei trasporti, né un sistema di tracciamento del Covid efficace. Esortando gli studenti ad «abbracciare la logica della didattica a distanza» non si è soffermato sui problemi relazionali, cognitivi, di conoscenza causati nei mesi scorsi dall’adozione improvvisata e totale del nuovo sistema di insegnamento. L’obiettivo è riportare la curva sotto controllo. Si attende il 24 novembre, anche se prima tutta la scuola potrebbe tornare in lockdown totale.

Si fa presto a dire Didattica a distanza «integrata» se per i trienni delle scuole superiori le scuole resteranno chiuse per un mese almeno. Si fa presto a parlare di «Dad» quando, 2,7 milioni persone, una famiglia su quattro, in particolare nel Sud, non hanno un accesso a banda larga adeguata.

Questo è il quadro della situazione emersa da un’analisi Uecoop sulla base dei dati Istat.  Aggiungiamo poi che molti istituti scolastici sono privi di reti per garantire la trasmissione.

In Lombardia, dove si è optato per le lezioni online al 100%, l’attività didattica si è svolta in media già dal 25 al 50% a distanza negli ultimi giorni. Se la speranza era di arrivare a ottobre con le aule in sicurezza la situazione è opposta ed è stato annullato il lavoro fatto a partire da agosto. «Comprendiamo le ragioni dell’economia, ma un Paese che non sa proteggere le sue scuole è senza futuro. Che delusione, che amarezza, che rabbia – ha scritto Domenico Squillace, preside del liceo scientifico Alessandro Volta ai genitori degli studenti – Siamo un paese che sembra aver smarrito la rotta, dove non si capisce più se comanda il governo nazionale o le giunte regionali».

Il problema politico di oggi è il federalismo sghembo all’italiana, che ha massacrato la scuola alla quale tutti dicono di tenere. Sulla situazione ha pesato il fallimento della riorganizzazione dei trasporti. Invece di potenziarli a milioni di studenti è stato detto di restare a casa nelle ore mattutine. La chiusura dei ristoranti e bar alle 18, palestre e piscine è finalizzata a farli stare a casa anche nel resto della giornata. Il «Dpcm» per la scuola è un provvedimento punitivo rispetto agli studenti, trattati da capri espiatori da parte di una politica che nulla ha fatto di ciò che avrebbe dovuto fare. In questa situazione potrebbero ritrovarsi le altre classi delle superiori, e non solo. «Cerchiamo di resistere – ha detto l’assessore lombardo all’Istruzione Melania Rizzoli- ma prendiamo in considerazione tutte le possibilità, a seconda del trend epidemiologico».

Al clima di incertezza si è sommato il caos sul contratto integrativo per la didattica a distanza tra Miur e sindacati. Per Gilda e Uil si tratta di «un contratto burla» e non lo hanno sottoscritto. La Cisl lo ha firmato. La Cgil «farà la propria parte» se la sottoscrizione sarà accompagnata dall’«impegno politico» della ministra Azzolina a un «confronto» sul sostegno per gli strumenti e i costi delle connessioni».

Abstract di Roberto Ciccarelli

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