Un piano per riaprire le scuole La Azzolina chiede lumi al Cts, dalle mascherine al tracciamento, per la ripartenza. Ma mancano dati disaggregati sui focolai, Iss in difficoltà

Fonte: ItaliaOggi – 17 Novembre

Nella sua solitaria battaglia per continuare a tenere aperte le scuole il ministro dell’istruzione Lucia Azzolina cerca una sponda nel Cts per mettere a punto un piano che dimostri al premier Conte che  la scuola è luogo sicuro e non favorisce il contagio. Il comitato tecnico-scientifico ha infatti sollecitato la riapertura delle scuole, evidenziando le conseguenze negative per gli studenti determinato dalla sospensione della didattica in presenza. Ma c’è un aspetto che rischia di inficiare qualsiasi decisione da assumere, in un senso o in un altro: non si sa ancora quanto la scuola sia luogo di contagio e di diffusione del virus. Non ha sicurezze neppure l’Istituto superiore della sanità, che si limita a parlare di contagi in base del solo fattore anagrafico. Stando alle comunicazioni delle Asl nel periodo 28 agosto-9 novembre emergerebbe che un 2,2% di focolai ha avuto origine scolastica, ma non è dato sapere se il contagio è avvenuto nella stessa scuola o all’esterno. Rispetto all’incidenza molto bassa nelle fasce di età dei più giovani, non si sa se per una minore capacità diagnostica o per la minore trasmissibilità. Insomma, ci troviamo di fronte a dati confusi. E dallo stesso Istituto superiore giugno inviti alla cautela nella interpretazione del fenomeno. Così capire per esempio perché Francia, Germania e Spagna tengono aperte le scuole mentre l’Italia no diventa complicato, in assenza di un monitoraggio ad hoc su quanto avviene tra studenti e personale dipendente. La Azzolina ha chiesto di avere supporto per esempio sul fatto che potenziando restrizioni nella comunità esterna alla scuola si otterrebbe di ridurre i rischi in classe, arrivando così ad affermare che se la regione è in lockdown la scuola può restare aperta, come è avvenuto in Abruzzo. Ma punta anche a imporre la riapertura degli istituti di infanzia e primaria, perché si tratterebbe di fasce di età che hanno bassa trasmissione del virus rispetto ai più adulti e che spesso non usano i mezzi di trasporto pubblici per muoversi. L’altro punto è costituito dal nodo del tracciamento: la Azzolina vorrebbe sapere perché non si proceda con i test rapidi antigenici, decisione che aspetta alle Regioni e, in subordine, del ministero della Salute.

Abstract articolo di Alessandra Ricciardi

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