Sembrano proprio non tornare i dati dei contagi nella scuola. Tanto ottimismo da parte del ministro dell’istruzione Lucia Azzolina era sempre sembrato un tantino eccessivo ed oggi, come si dice, i nodi vengono al pettine. Impennata dei positivi a parte, fenomeno purtroppo da mettere in conto visto il trend generale, sta emergendo che i dati relativi al primo mese di scuola erano sottostimati. Il problema è che sta venendo alla luce un quadro che potremmo iniziare a definire inquietante. Quale idea farsi di fronte alla dichiarazione del biologo molecolare Franco Bucci, docente della Temple University di Filadelfia e autore assieme all’immunologa Antonella Viola di uno studio sui contagi sulla scuola italiana, per il quale «se domani mattina dovesse partire un’epidemia nelle scuole non ce ne accorgeremmo neanche»? Questa è la conclusione alla quale è arrivato analizzando il sistema di monitoraggio dei casi di contagio su cui si è basato fino a oggi il ministero dell’istruzione. In pratica se ne ricava che non esiste un sistema di campionatura affidabile. Il ministero aveva inviato una direttiva precisa, con l’indicazione per ogni istituto di segnalare i casi di contagio riscontrati ma ora emerge che molti dirigenti non hanno inviato le segnalazioni. Non convince nemmeno la modalità di registrazione dei focolai da parte dell’Istituto superiore di sanità. Rifarsi solo al numero dei focolai, spiega Bucci, «significa poco: sono fatti da 1 caso o 15-20 persone, quante classi sono comprese?». Le sue parole sono chiare: «Non esiste una campionatura fatta bene e non esiste osservatorio specifico e costante sulle scuole, nonostante i dati esistano perché confluiscono tutti al ministero della salute». Questo in verità lo sospettavamo, visto che l’unica notizia di un sistema di rilevamento dei casi tra i banchi di scuola era relativa all’iniziativa promossa autonomamente da due studenti ricercatori di Torino. Un dato di fatto che era apparso subito poco tranquillizzante. Il punto è che i dati raccolti dal ministero della salute non permetterebbero secondo Bucci di avere informazioni precise sulla scuola: «I dati del ministero della salute partono da quelli delle Ats/Asl, che li hanno direttamente dalle scuole e li trasmettono alla regione, che li dà al ministero. Se nel trasmettere i dati non tengono separati quelli delle scuole e li mettono nel calderone, li hanno solo aggregati e così si perde l’informazione».
Date queste premesse, per Antonella Viola «la prima cosa su cui intervenire è avere un’organizzazione metodica dei dati, perché oggi sulla base dei dati raccolti dal tracciamento possiamo prendere decisioni razionali applicando un metodo scientifico». Giustissimo. Nulla da eccepire. Solo la preoccupazione che, visto l’andazzo, si arrivi a mettere a punto un qualcosa del genere, quando l’anno scolastico sarà già chiuso da un pezzo.
Alberto Barelli