SCUOLA, LA STRATEGIA DELL’IMPROVVISAZIONE

“Ci troviamo davanti a un atto di volontà politica non supportato da condizioni reali”. Le parole con le quali Francesco Sinopoli, dirigente della Cgil, ha commentato il flop dell’incontro tenutosi ieri con il ministero dell’istruzione sulla riapertura totale delle scuole, rendono bene il quadro della situazione. Sopratutto sono una conferma di quanto stiamo registrando da giorni: anche questa ultima decisione del governo – il rientro in classe del 1005 degli studenti da fine mese – è stata pensata senza un fondamento realistico rispetto alla fattibilità concreta dei provvedimenti. Perplessità sulla possibilità di poter far ritornare tutti garantendo ogni sicurezza sono state espresse fin da subito da docenti e presidi. Ieri quindi tutti gli occhi erano puntati sul confronto con i sindacati e l’esito negativo, pur non avendo rappresentato certo una sorpresa, ha aggravato lo stato di incertezza. Ma chi poteva pensare che sarebbe stata presentata chissà quale soluzione miracolosa? Non solo non sono state presentate novità rispetto alla questione delle classi pollaio o al problema dell’ultimazione della campagna di vaccinazione. E’ venuto fuori chiaramente che il protocollo sul quale ci si continua a basare è quello stesso messo a punto mesi fa, quando, per fare un esempio, la variante inglese che colpisce anche i giovanissimi, non era dominante come invece lo è oggi. Come troviamo scritto nella stampa, la verità è che la strategia resta la stessa ed è caratterizzata da improvvisazione e annunci irrealistici. Di certo dopo l’incontro ne sappiamo meno di prima. Il nuovo step è il pronunciamento del Comitato tecnico scientifico, atteso per oggi. Domani sapremo se si potrà sperare in qualche certezza in più. Intanto si parla di deroghe alle regioni sulla percentuale di studenti che potranno effettivamente rientrare in classe. Una certezza pertanto l’abbiamo: il governo si è già rimangiato quanto annunciato a gran voce circa l’univocità delle scelte su scala nazionale. Ma in pochi avevano dubbi sul fatto che sarebbe finita così.

Alberto Barelli

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