Le scuole chiuse dove non si deve

Fonte: Corriere della Sera – 30 novembre 2020

Scuole aperte o chiuse senza regole certe in tutta Penisola: è il caos. Le responsabilità sono del governo. L’esecutivo ha concesso a Regioni e Comuni la possibilità di adottare regole più restrittive di quelle nazionali e al Sud molti hanno chiuso senza spiegare spiegare motivazione. I fondi spesi per la sicurezza. I ricorsi al Tar. Da oggi, nelle Regioni passate da rosse ad arancioni si torna il classe e l’augurio è che ciò avvenga anche in quelle Regioni del Sud che hanno chiuso tutto, a partire dalle materne. Cominciamo dall’inizio: di norma l’istruzione è materia di competenza dello Stato; poi la pandemia scombina tutto. A marzo, in piena emergenza, con decreto legge, si stabilisce che i sindaci non avrebbero potuto prendere decisioni in contrasto con quelle del Governo. Tale regola però abrogata a luglio. L’emergenza si ripresenta ad ottobre, e con Il Dpcm del 3 novembre, il governo e il ministero dell’Istruzione, stabiliscono che in tutto il Paese le scuole superiori chiudano, mentre nelle zone rosse ci si fermi alla prima media. Per gli studenti a casa si fa didattica a distanza. Ma alle Regioni è concessa la possibilità di decidere per misure più restrittive a fronte di motivi urgenti, e, in virtù della norma abrogata a luglio, possono farlo anche i Comuni. È anarchia. I primi a rompere le righe sono la Campania e la Puglia. (…) Il peggio avviene in Calabria: diventa zona rossa il 6 novembre, non per i numeri dei contagi, ma per le strutture sanitarie fatiscenti, nonostante i 10 anni di commissariamento della sanità regionale. Qui i Comuni hanno deciso di fare da sé. I paradossi della Calabria però sono tanti: la Regione, che dal 6 novembre insiste affinché il governo le tolga il marchio di «zona rossa» perché «gli ospedali sono vuoti, il governo è impazzito», è la stessa Regione che ha deciso di chiudere le scuole come se il rischio fosse più elevato delle altre zone rosse. Ma quindi il rischio c’è o non c’è? Stando al presidente Spirlì, le scuole devono chiudere perché i dati, (al 14 novembre) dimostrano che i contagi sono aumentati a causa della ripresa della scuola. Ma nella maggioranza dei comuni calabresi avevano chiuso già dai primi di novembre. Eppure, proprio in vista di una seconda ondata e per ripartire in sicurezza, abbiamo speso oltre 331 milioni di euro, stanziati grazie ai fondi Pon, solo per adeguare gli spazi. Alla Calabria sono andati 9.915.000, alla Campania 31.139.000, alla Puglia 24.851.000, al Lazio 19.648.000. La Lombardia svetta con oltre 40 milioni. Ma al nodo cruciale, quello dei trasporti chi ci doveva pensare? Comuni e Regioni non hanno fatto nulla, e il ministro dei Trasporti ha detto che sui mezzi c’è il ricambio d’aria perché ad ogni fermata si aprono le porte. Alla fine il conto sarà presentato al Paese e alle generazioni che non sta istruendo. E nel Sud la situazione è ancor più drammatica, perché oltre alla piaga della dispersione scolastica, c’è anche quello della didattica a distanza, che non funziona, e quindi di fatto generazioni di studenti sono private del diritto all’istruzione. In Calabria, oltre il 30% delle famiglie non ha accesso a internet da casa. E non va meglio in Molise, Basilicata, Sicilia e Puglia. Inoltre in Regioni come la Campania, la Calabria e la Sicilia, la criminalità, infiltrata in tutti i settori, non può che estendersi, con la sospensione dell’istruzione e di quel presidio di legalità che la scuola rappresenta. La decisione del governo ora consente ai ragazzi e ragazze di seconda e terza media di riprendere le lezioni in presenza, e speriamo che venga rispettata da tutti. A tutti gli studenti delle scuole superiori chiediamo scusa, ma non devono affollare gli autobus. Se ne riparlerà a gennaio, se tutto va bene. Del resto loro non producono reddito…

Redazione

 

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