Scuola, l’emergenza del futuro

Fonte:  Collettiva.it – 14 gennaio 2021

La pandemia ha evidenziato ritardi che ci portiamo dietro da quindici anni e per la vice segretaria generale della Cgil Gianna Fracassi per garantire la sicurezza e il diritto all’istruzione si deve promuovere  un sistema davvero centrale per lo sviluppo del Paese. L’emergenza, certamente, ma non solo. Perché la pandemia ha reso più evidenti e fatto esplodere deficit antichi del nostro sistema di istruzione, sicché oggi occorre intervenire anche su questi mali antichi e avere un’idea complessiva del ruolo della formazione nel nostro paese. Per Fracassi, che risponde ad alcune nostre domande, la situazione è difficile ma la confusione in cui siamo precipitati non è giustificabile, con il balletto di date e responsabilità tra i vari attori istituzionali: “La confusione, a dire il vero, c’è stata sin da settembre quando già alcune Regioni avevano autonomamente posticipato la data del rientro in presenza a scuola. È chiaro che occorre ricomporre un quadro omogeneo ed equilibrato del sistema. Un po’ quello che si è tentato con i tavoli prefettizi provinciali, “Purtroppo un tentativo che non ha funzionato, come è evidente da quello che abbiamo sotto agli occhi. Senza tralasciare che tranne alcune rare eccezioni – e nonostante una lettera unitaria dei sindacati indirizzata ai ministri competenti – i sindacati non sono stati coinvolti”. Mi pare di capire che in questa situazione anche il balletto sulle date per il rientro in presenza abbia poco senso… “La situazione è difficile e complessa, l’andamento della pandemia non è prevedibile, tuttavia riteniamo che occorra fare di tutto per coniugare il diritto all’istruzione e alla sicurezza per tutta la comunità scolastica. In questo senso, però, troppe cose ancora mancano”.

Cosa occorre fare per i sindacati?

“La prima questione importante è l’istituzione di una corsia preferenziale per tamponi e tracciabilità che coinvolga personale e studenti. Poi chiediamo che nella campagna vaccinale i lavoratori della scuola siano collocati ai primi posti. (…)” In effetti è qui che i problemi legati all’emergenza si incrociano con i mali atavici della nostra scuola, a cominciare dalle classi pollaio… “È così. Dal 2008 interventi pesantissimi hanno aumentato in maniera intollerabile il numero di alunni per classe, generando un peggioramento della qualità della scuola. Anche rispetto all’edilizia scolastica siamo molto indietro: le classi sono da tempo spesso inadatte a ospitare adeguatamente i ragazzi, figuriamoci ora in una situazione di emergenza sanitaria (…) rischiamo di ritrovarci con un’intera generazione deprivata sia rispetto ai processi di inclusione sia rispetto al livello degli apprendimenti”. Tra gli aspetti più problematici e annosi della nostra scuola c’è quello del precariato… “Non c’è dubbio: questa fabbrica di precarietà va chiusa. Vanno quindi cambiati i modelli di reclutamento e la definizione degli organici, con l’assurda distinzione tra organico di fatto e organico di diritto”.

In questo senso occorre lavorare non solo sull’emergenza ma anche sulla prospettiva, non trovi?

“Assolutamente sì. A cominciare dall’utilizzo delle risorse del Recovery Plan che sarà uno dei temi chiave del prossimo dibattito pubblico. Chiediamo con forza che una parte di quelle risorse sia utilizzata per qualificare il sistema dell’istruzione e della formazione”.

Tutte queste cose si finanziano con i soldi europei?

“Bisogna specificare. Le risorse comunitarie, come è noto, non possono essere utilizzate per la spesa corrente. Tuttavia si possono mettere in campo interventi coerenti con questa prospettiva e che possono essere sostenuti anche in altro modo. Non dimentichiamo che oltre ai 209 miliardi del Recovery Plan c’è sempre il bilancio dello Stato. Sembra che qualcuno se lo dimentichi”. Insomma: agire in coerenza con un’idea, spesso più volte ribadita a parole, che la formazione sia al cuore di una grande idea di paese… “Sì. Istruzione e formazione sono fondamentali non solo per affrontare le sfide della cittadinanza democratica, ma anche per tutte le partite legate allo sviluppo e al lavoro. In un mercato del lavoro che con la digitalizzazione e la green economy cambia radicalmente modelli produttivi, organizzativi e obiettivi, le competenze – e dunque la formazione – saranno sempre più centrali e dovrà quindi essere reso esigibile il diritto all’apprendimento lungo tutto l’arco della vita”.

Abstract articolo di Stefano Iucci

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