Giovedì 25 marzo è il Dantedì, la giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri, il sommo poeta e padre della lingua italiana. La ricorrenza è stata approvata lo scorso anno, in pieno lockdown, su proposta dell’attuale ministro della cultura Dario Franceschini. Giunto quindi alla sua seconda edizione, il Dantedì si fa promotore di numerose iniziative che coinvolgono scuole, università e istituzioni culturali.
Il 2021 è l’anno in cui ricorre il settecentenario dalla morte del Sommo Poeta, Dante Alighieri.
Nonostante il periodo incerto il Ministro della Cultura Dario Franceschini è intervenuto per presentare le principali iniziative che prenderanno vita a partire dal prossimo 25 marzo, data scelta per le celebrazioni del Dantedì. “Ci sarà una lettura dalla Divina Commedia di Roberto Benigni al Quirinale, alla presenza del Presidente della Repubblica. Sarà trasmesso in diretta Rai” ha detto Franceschini. “È un anno particolare. Speravamo di essere usciti dalla pandemia, invece la stiamo ancora attraversando. Anche su
questo Dante ci aiuta. A sentirci una comunità nazionale con una forte identità, a sentirci uniti. Inoltre, ci insegna ad aver fiducia. Teniamo a mente l’ultimo verso dell’Inferno… che ci sia da monito e da speranza: ‘uscimmo a riveder le stelle’. Credo che tutti siamo in attesa di poter ‘riveder le stelle’, ascoltare musica, tornare nei teatri e nei cinema, non appena sarà possibile farlo insieme”.
L’inizio
«Nel mezzo del cammin di nostra vita»: il viaggio comincia così. La parola chiave è «nostra». Dante ci dice subito che la storia parla di noi. Ci riguarda in quanto esseri umani, perché il viaggio all’Inferno è anche un viaggio interiore, sino ai confini di ciò che è in noi. E ci riguarda in quanto italiani. Dante parla di Italia fin dal primo canto. È lui a inventare l’espressione «Belpaese». Dante ci ha dato non soltanto una lingua, ma soprattutto un’idea di noi stessi. Per lui l’Italia non era uno Stato, ma appunto un’idea: un patrimonio di cultura e di bellezza.
La fine
L’ultimo canto del Paradiso, che conclude la Divina Commedia, si apre con la più bella preghiera mai scritta: «Vergine madre, figlia del tuo figlio…». Mai nessun poeta ha avuto parole così dolci per la donna, tramite tra uomo e Dio, di più, capace di dare carne e vita a Dio e farlo vivere tra noi, sulla Terra. Non a caso Borges diceva che «la Divina Commedia è il più bel libro scritto dagli uomini»
Tutti ci auguriamo di ritrovare presto la diritta via e riprendere in mano le nostre vite.
Gaia Lupattelli