Fonte il manifesto – 20 aprile 2021
Il governo riaprirà al 100% le scuole nelle zone arancioni dal prossimo 26 aprile. In pratica è intenzionato a realizzare tutto ciò che non è stato fatto, o è stato fatto, o è stato fatto in maniera lacunosa e estemporanea, dall’inizio della pandemia 13 mesi fa: adeguare i trasporti, creare una medicina scolastica e un tracciamento, eliminare le «aule pollaio». Oggi dal comitato tecnico scientifico si attendono altri lumi per modificare un protocollo sanitario applicato in maniera intermittente, a seconda delle occasioni in cui le scuole sono state chiuse e riaperte e in base agli echi prodotti dagli annunci in un’opinione pubblica stremata. La strategia resta la stessa: un risultato di un mix di improvvisazioni e annunci irrealistici, non delle politiche strutturali chieste per mesi da centinaia di manifestazioni. Ammesso che esistano, manca un’idea certa dei dati sui contagi dentro e fuori le aule. Gli stessi evocati dal presidente del consiglio Draghi che parla di un «rischio ragionato». Ragionare sul rischio non vuol dire però essere razionali. La scuola è stata chiusa a marzo perché la variante «inglese» del Covid colpisce i più piccoli. Oggi viene riaperta anche se tale variante è diventata dominante. Era vero prima o è vero oggi? (…)
Dai presidi partono bordate. «Più che un atto di fiducia verso la ripresa questa riapertura delle scuole ci sembra un ulteriore scaricabarile degli amministratori verso i dirigenti scolastici» ha detto Mario Rusconi, presidente Anp-Lazio – A Roma oltre il 70% degli edifici risale agli anni Settanta del secolo scorso. Gli spazi comuni sono spesso locali rimediati ma certamente non ampi da garantire il distanziamento. Come si può riaprire, in queste condizioni, le scuole al 100% salvando capre e cavoli?». (…) Intanto siamo di fronte a un nuovo tira e molla con le regioni. Il nuovo presidente della Conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga (Lega/Friuli) ha detto che «bisogna raccontare la verità e dire fin dove è possibile arrivare, altrimenti si fanno danni. Meglio dire i limiti altrimenti non si risolvono i problemi». Oggi l’incontro con il governo. «Non vogliamo cadere nel solito tranello tra rigoristi e aperturisti – sostiene il movimento «Priorità alla scuola – pretendiamo che il prossimo trimestre diventi centrale per rendere esigibile il diritto alla studio e una scuola in presenza sicurezza e in continuità».
Abstract articolo di Roberto Ciccarelli