IL RITORNO DELLA VIOLENZA IN CLASSE. COSÌ LA PANDEMIA HA RESTITUITO ALLA SCUOLA STUDENTI PIÙ AGGRESSIVI

Fonte: larepubblica.it – 16 dicembre 2021

Abstract articolo di Corrado Zunino

ROMA

– Il ritorno in classe, dopo tre mesi, dice che la pandemia ha lasciato come eredità maligna generazionale tre nuove questioni –

Lo spaesamento di adolescenti rinchiusi per due stagioni contro natura e nuovamente in difficoltà a relazionarsi con il gruppo; un aumento dei loro problemi psichiatrici. E, come frutto e conseguenza dei primi due, una nuova crescita dell’aggressività.

In classe, appena fuori dal portone di scuola. “Il fenomeno è in essere da prima della pandemia, ma il ritorno a scuola, in presenza, lo ha reso più percepibile”, dice Paola Colacicchi, referente pedagogica in una scuola superiore di Trento.

Mettendo a terra la questione, a Villaricca, hinterland settentrionale di Napoli, scuola media Siani, l’11 novembre scorso due ventenni hanno tirato giù dallo scooter un professore di Lettere che aveva rimproverato uno studente (il fratello minore di uno degli aggressori, appunto) in classe.

I genitori della scuola hanno protestato, manifestando contro la violenza, e a Villaricca è sceso il sottosegretario Rossano Sasso. Il consigliere regionale in Campania, Pasquale Di Fenza dei Moderati, ha segnalato:

“Da troppo tempo assistiamo a una deriva violenta fatta di risse e pestaggi spesso innescati da giovani e adolescenti”.

Sempre in area, l’Istituto alberghiero di Stato G. Rossini, locato vicino allo zoo di Napoli, è diventato famoso a fine ottobre per un video pubblicato su Tik Tok dove si vedono diversi ragazzi di una prima della succursale di Bagnoli smontare una classe lanciando sedie contro i controsoffitti, saltando sui banchi, staccandone i piani di appoggio per scaraventarli fuori dalle finestre, dando fuoco a qualsiasi attrezzatura scolastica sopravvissuta. Hanno replicato gli atti, praticamente incontrastati, il 17 novembre. Ha scritto la mamma di un’alunna del Rossini:

“Tutta la scuola è inagibile, le aule sono rotte, i professori non fanno lezione o non si presentano. I ragazzi non possono andare a perdere tempo in un istituto dove non funziona nulla”.

La dirigente scolastica, Giuliana D’Avino, ha aperto rapidamente uno sportello psicologico, ha provato a coinvolgere gli studenti meno refrattari in un percorso di rispetto del luogo dove vivono le proprie mattine, alcune uscite e ha velocizzato la gara d’appalto per la rimessa in ordine di una succursale cadente di suo.

“Era prevedibile che potesse succedere, c’è un disagio oggettivo, i ragazzi sono in difficoltà di relazione. Il momento non è aggregante e la società civile non deve limitarsi a giudicare”.

A Castrolibero, novemila abitanti nella provincia di Cosenza, un ragazzo di 14 anni, figlio di una sindacalista scolastica, ha subito un’aggressione brutale all’uscita di scuola. Nessuno ha visto nulla. Ricoverato con il volto viola, è tornato in classe dopo un mese, accompagnato dai carabinieri.

La madre dice: “E’ stato un tentato omicidio, ora avvolto nel silenzio. E al rientro mio figlio non ha ricevuto né solidarietà né calore”.

L’assessore alla Pubblica istruzione di Isola di Capo Rizzuto, Carlo Cassano, definisce “una cattiveria spaventosa” il raid di adolescenti in due edifici scolastici:

“Sono entrati per distruggere i giochi dei bambini, costruzioni, colla, pastelli”.

Il giorno dopo, in sfregio, hanno bevuto il vino preparato dai piccoli e mangiato le loro merendine. (…)

A Firenze un diciassettenne con disturbi cognitivi è stato pestato da tre compagni per la risposta che aveva dato a una ragazza e così a Loreto, provincia di Ancona:

“Disabile di m…, vai a prenderti la pensione”,

ha urlato un bullo al compagno con il sostegno in classe. Poi ha minacciato la madre:

“Se i carabinieri vengono a casa mia, poi me la prendo con tuo figlio”.

A Lucca la mamma di un aggredito ha denunciato il compagno di classe del figlio.

“Viviamo con più incertezza e malessere sociale”

Una ricerca di Iuss e Università di Pavia offre le parole per provare a spiegare le ragioni di un’aggressività crescente e per certi versi naturale nella fascia 11-18 anni.

“Dopo la pandemia viviamo con più incertezza e malessere sociale”.

Si torna al secondo dei tre fenomeni maligni. Scrivono i ricercatori:

“Serve l’attivazione strutturata di percorsi di supporto psicologico per gestire prontamente il disagio psicosociale e promuovere il benessere evitando l’instaurarsi di ulteriore malessere cronico”.

Sempre tornando a terra, e affidandoci a chi si nutre di esperienza quotidiana, una docente di Trento che preferisce restare anonima spiega:

“Le classi sono rimaste isolate le une dalle altre e questo ha reso i rapporti tra compagni ancora più stretti, talvolta morbosi, amplificando i sentimenti di amore, odio, rivalità che prima si potevano condividere con tutti gli altri gruppi. Una sorta di isolamento di classe”.

I ragazzi sono meno scolarizzati, come ci hanno raccontato i Test Invalsi, “e faticano ancora di più a rispettare le normali regole di convivenza. Sono due anni indietro in tutto: apprendimento, stare in aula, la relazione con gli adulti. Di contro, vivono una vita parallela sui social, dove pseudo-emozioni sono sparate e mostrate a mille, dove linguaggio e gesti sono violenti, dove il pensiero critico è rigorosamente bandito”.

Gran parte delle tante occupazioni che si stanno passando il testimone in Italia hanno una cifra vandalica inedita – all’Itis Da Vinci di Pisa, al Liceo Virgilio di Roma – e intorno i ragazzi hanno adulti sempre meno capaci di ridimensionare le preoccupazioni tipiche dell’adolescenza, “ansia” è diventata un’allarmante parola strategica.

“L’aumento della tecnologia favorisce l’ansia”

Il preside di Vo’ Euganeo, Alfonso D’Ambrosio, illustra: “Nel mio istituto comprensivo, specie nella secondaria di primo grado, registriamo un aumento di casi conflittuali tra studenti, famiglie e docenti. Le ragazze e i ragazzi sono più nervosi, iperattivi. La sensazione forte è che l’aumento della tecnologia abbia fatto crescere gli stati di ansia”. Giusy Princi, nelle ultime settimane diventata vicepresidente della giunta regionale della Calabria, per undici anni ha guidato un liceo scientifico di Reggio Calabria e dice:

“Nei professionali la situazione è più critica. Il post Dad ha lasciato molti strascichi: i ragazzi sono più aggressivi e incapaci di stare in gruppo. Noi abbiamo fatto un grande lavoro di sensibilizzazione dei docenti per aiutarli a gestire le ansie e l’intelligenza emotiva dei ragazzi. E’ stato chiesto di avere molta pazienza, capacità di ascolto e di variare gli stili didattici per tenere alta l’attenzione”.

Già, gli istituti professionali, indicati da questo governo come la scuola da salvare e rilanciare per rilanciare il Paese. Un professore di 52 anni ha scritto questo alla rivista “Orizzonte scuola”: “Sono finito nel girone infernale dei professionali a insegnare Scienze integrate. La mia classe è fatta da mastini piuttosto cattivi e ingestibili. Si sono resi responsabili di danneggiamenti e minacce, cose che bisogna risalire ai tempi d’oro del film “Mary per sempre”. Se ne fregano di tutto, provvedimenti disciplinari compresi. I colleghi sono troppo preoccupati di sortire l’effetto contrario. Io sono stato minacciato (“dimmi, se hai il coraggio, che macchina hai”)”. La replica dei colleghi, questa volta, è stata una resa, l’ultima: “Scappa via, fuggì al più presto”, gli hanno suggerito: “I professionali sono tossici per la psiche”.

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