Cyberbullismo, “Mens sana in internet sano”: rischi e opportunità della rete.

Di particolare pregio risultano essere quegli studi sul cyberbullismo che utilizzano l’approccio centrato sul ragazzo, sul nostro alunno, pensato non più come soggetto da tutelare ma come attore sociale con diritti e doveri.

Studi, dunque, finalizzati sia a comprendere criticamente l’agire sociale online che quello offline, con l’obiettivo di costruire e promuovere un ambiente web più sicuro attraverso progetti di media literacy rivolti ai ragazzi e, congiuntamente, a genitori ed educatori.

Il contesto sociale in cui le Ict sono appropriate e consumate

L’analisi che troviamo nell’importante pubblicazione di Cetty Mannino edita per i tipi del CeSVoP, il Centro di Servizi per il volontariato di Palermo, dal titolo “Dall’educazione digitale al cyberbullismo. Comparazione dei provvedimenti governativi e delle azioni educative dei paesi europei con l’Italia” “osserva gli usi di Internet a partire dalla struttura di opportunità e rischi, in cui i giovani sono inseriti, e modella il contesto sociale in cui le Ict sono appropriate e consumate.

Ampio spazio è dato inoltre all’aspetto comparativo, cross-nazionale e cross-culturale, come chiave interpretativa dei fenomeni analizzati”.

La ricerca, da un punto di vista teoretico, studia le attività online dei ragazzi a partire da 3 cornici concentriche:

  • il livello individuale, e cioè: identità e risorse del giovane; accesso; pratiche e competenze online; opportunità e rischi online; benessere e diritto.
  • il livello sociale, cioè la mediazione svolta da: famiglia, educatori, coetanei, comunità e digital ecology, intendendo con quest’ultimo un ecosistema digitale dove avvengono interazioni e scambi, all’interno di una community.
  • il livello nazionale: inclusione sociale (disuguaglianze, welfare), infrastrutture e regolamentazione della tecnologia, sistema educativo, cultura, media e valori.

Non tutti gli atti di aggressività devono essere etichettati come bullismo

Cetty Mannino sottolinea come non tutti gli atti di aggressività devono essere etichettati come bullismo. In linea con le precedenti ricerche, il cyberbullismo, aggiungono i ricercatori di Eu Kids Online, è definito prevalentemente da criteri che sono stati stabiliti per il comportamento del bullismo:

la vittimizzazione si ripete nel tempo;

il danno è condotto intenzionalmente;

un’asimmetria di relazione tra aggressore e vittima.

La durata e la ripetizione del fenomeno

Uno degli elementi focali nella ricerca di Mary Mannino riguarda, tra gli altri importanti su cui si è soffermata, la durata e la ripetizione del fenomeno non sono gli unici criteri che dovrebbero essere considerati nell’interpretare la natura delle esperienze di vittimizzazione.

Il danno, infatti, è anche un importante fattore da valutare. I risultati mostrano dunque che in generale, non ci sono differenze sostanziali di genere in entrambi i comportamenti, qualche incoerenza è legata all’età e la maggior parte degli adolescenti dichiarano che questo accade solo sporadicamente.

Per quanto riguarda il bullismo online, bisogna considerare che gli episodi avvenuti in maniera sporadica potrebbero anche avere un impatto significativo sul benessere dei bambini.

Ad esempio, un contenuto può essere molto dannoso soprattutto se raggiunge un vasto pubblico. Inoltre, è importante considerare che il danno può essere legato sia in base alla gravità percepita nonché alla vulnerabilità o resilienza della vittima.

Pertanto, sebbene sia utile considerare il danno come criterio di valutazione dell’esperienza, è anche importante riconoscere che i bambini differiscono in base alle risposte emotive.

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