Scuola, le cose da fare subito

Fonte:  La Repubblica – 15 febbraio 2021

Sulla scuola il governo Draghi e il neo-ministro Patrizio Bianchi dovranno intervenire su due fronti. In primo luogo entro aprile il governo dovrà ridefinire il Piano di ripresa e resilienza, in particolare concentrandosi sulla ristrutturazione degli edifici scolastici e la formazione alla didattica dei docenti. In secondo luogo bisogna porre subito rimedio a due emergenze: la perdita di apprendimenti e di socializzazione causata dalle chiusure scolastiche e l’avvio regolare del prossimo anno scolastico. Una misura necessaria è costituita dall’allungamento delle lezioni, per evitare danni permanenti a questa generazione di studenti. Un intervento utile a tutti, da calibrarsi – nei tempi e nei modi –in base al ritardo dei ragazzi in ogni classe, utilizzando le prove Invalsi. Ancora più cmplesso è l’obiettivo di avere tutti i docenti in cattedra all’inizio dell’anno scolastico. Quest’anno mancavano insegnanti ancora a Natale. La causa è un meccanismo di reclutamento fallimentare e già ora sappiamo quante cattedre scoperte avremo a settembre e, dunque, da assegnare a supplenti: quasi 220mila. Di queste, poco meno di 70mila sono di ruolo, al netto dei pensionamenti di quest’anno e del concorso straordinario, che dovrebbe portare 30mila neoassunti. Gli altri 150mila posti – inclusi 80mila di sostegno – non sono di ruolo. In ogni caso, una cifra enorme – l’1% dell’occupazione italiana – e un record negativo per la nostra scuola. Per risolvere il problema ci sono due strade: assumere in ruolo senza concorso decine di migliaia di precari, quasi tutti senza abilitazione. Sarebbe una scelta sbagliata: un rimedio forse al problema immediato, ma con il serio rischio di ipotecare la qualità futura dell’istruzione. Di questi insegnanti, infatti, si può verificare il titolo di studio, non le capacità. Magari sono ottimi, magari pessimi, ma non lo sappiamo: una volta assunti, resterebbero nella scuola per decine di anni. La seconda strada è congelare in via straordinaria l’attuale situazione, confermando in cattedra per il prossimo anno i docenti di oggi, salvo chi vuole andare in pensione. Così si guadagna un anno per avviare una riforma della formazione e del reclutamento, con l’obiettivo di lunga lena di migliorare la qualità dell’insegnamento e rinnovare la didattica. Oltre ai sindacati, questa soluzione non piacerà a molti docenti. In effetti, sospende temporaneamente la possibilità di quelli di ruolo di trasferirsi in un’altra scuola, mentre diminuisce le chance di lavoro dei precari ora senza incarico. Inoltre, se garantisce che a inizio anno quasi tutte le cattedre siano occupate e ci sia continuità didattica, non dà certezze sulla qualità dell’insegnamento, non potendo escludere la permanenza di chi non ha dato buona prova di sé. Realisticamente, però, è il minore dei mali, e può garantire due vantaggi: dà priorità ai bisogni degli studenti, che oggi devono venire prima di tutto; dà respiro per gettare le basi di una nuova stagione della scuola italiana, con insegnanti meno precari, meglio formati e con adeguate prospettive di carriera.

Abstract articolo di Andrea Gavosto

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