Come si esce della pandemia, la ricetta tedesca

Quattro o cinque dritte della Merkel per resistere alla seconda ondata

Ok d’accordo: è noto che il temperamento e le strutture etologiche profonde dei popoli nordici non sono quelle dei paesi mediterranei. Però nel discorso che Angela Merkel ha rivolto al Bundestag, l’equivalente del nostro Parlamento, non c’è solo l’appello alla responsabilità personale. C’è un richiamo alla responsabilità di trovarsi davanti alla Storia, come di consueto senza niente di esaltante ma in una delle sue non rare epifanie deteriori. Nel suo discorso ha invitato al realismo (siamo in una pandemia globale che ci piaccia o no), ha sottolineato che mai come oggi l’assioma socialdemocratico prenda senso (la salute collettiva è la somma dei comportamenti dei singoli), ha ripetuto il suo credo alla scienza e alla svolta che verrà dai vaccini. Ma ha anche invitato a viverla fino in fondo la pandemia e non girare la testa come in tutt’altro contesto fece chi preferì non vedere, aggrapparsi ai cavilli, continuare a mangiare baghette, ingigantire problemi anziché risolverli, alzare la mani e puntare il dito verso il non fatto di altri per sentirsi esentato dal gettare il proprio cuore oltre l’ostacolo. Ecco i passaggi cruciali: “Stiamo vivendo tempi del tutto straordinari e gravi. E tutti noi, governo e parlamento, tutto il nostro Paese, siamo sottoposti ad una prova come non c’è mai stata dalla Seconda guerra mondiale, dagli anni fondativi della Repubblica federale. (…) Nessuno lo sente dire volentieri, ma è la verità: non stiamo vivendo la fase finale della pandemia, ma siamo ancora al suo inizio. Dovremo vivere ancora a lungo con questo virus. Sono consapevole quanto le misure restrittive pesino su tutti noi, individualmente e come società. Questa pandemia è una grave imposizione democratica: perché limita proprio quelli che sono i nostri diritti esistenziali e i nostri bisogni, quelli degli adulti nella stessa misura di quelli dei bambini. (…) Per quanto possa suonare paradossale, nelle settimane nelle quali le regole di comportamento ci hanno obbligato a stare lontani l’uno dall’altro e nelle quali è necessaria la distanza invece della vicinanza, noi siamo stati insieme e attraverso la coesione siamo riusciti insieme a far sì che il virus abbia rallentato il suo percorso attraverso la Germania e l’Europa. Questo non lo può decidere nessun governo, una cosa del genere un governo lo può solo sperare. E questo è possibile solo se le cittadine e i cittadini fanno con il cuore e la ragione qualcosa per il prossimo, per il Paese, oppure diciamo: per la visione d’insieme”. La Merkel ai tedeschi ha chiesto grandezza d’animo. Una parola che l’Occidente non aveva avuto bisogno di tirare fuori dall’armamentario retorico almeno dalla metà degli anni Quaranta del secolo scorso. Chissà che effetto avrebbe fatto questo richiamo a chi ha aggirato i divieti partecipando a feste affollatissime nel fine settimana, a quei professori che ricordano di non essere tenuti a fare scuola il pomeriggio o che non vedono l’ora di andare in Dad perché i ragazzi a colazione si dividono lo stesso panino e non rispettano il distanziamento, a chi ritiene lo smart working un sinonimo di imboscarsi, a chi usa la buona causa del COVID per farsi pubblicità, siano politici, personaggi pubblici, piccoli e grandi in ogni angolo di Italia, a chi ha violato le regole in nome di un rapido ristoro economico, vanificando velocemente la portata di quel ristoro. Sono solo alcuni degli esempi dei comportamenti che hanno contribuito a fare in modo che il virus continuasse a circolare sembra dire la Merkel e che alla prima occasione utile rialzasse pericolosamente la testa. Per questo la cancelliera ha ricordato come sia complesso rendersi conto di essere nel bel mezzo della storia e assumere una postura mentale adeguata. Anche in passato c’è stato chi ha compreso e chi no. Poi magari entrambi sono finiti nei libri di storia. Ma uno dalla parte dei buoni e l’altro in quella dei cattivi. Ed ogni volta i posteri si sono chiesti come fosse stato possibile. Lo fu perché ogni volta sottovalutarono o negarono le deportazioni, per richiamare il precedente più vicino, come oggi si sottovaluta o si nega il virus. Capire fino in fondo che significhi essere dentro la storia, poterla scrivere o cambiare non è così immediato. Non è che succeda tutti i giorni. Questo Angela Merkel ha detto ai tedeschi, salutando per sempre i draconiani parametri di Maastricht che la seconda ondata ha seppellito per sempre insieme ad una certa idea tedesca di Europa.

Redazione

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